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      L'infrazione a questo ordine "sarà punito con tutto il rigore della legge".
      Per impedire il furti e i progroms nelle case degli ebrei e per evitare la possibilità di qualche delitto, il colonnello ordinava la chiusura delle porte d'entrata all'imbrunire. Voleva pure che gli inquilini organizzassero un Comitato di protezione dalle sei di sera alle sette del mattino.
      Secondo i borghesi queste precauzioni per la salvezza degli abitanti erano un appello al linciaggio!
      Ma l'atmosfera mutava di giorno in giorno.
      Kerenski, per i colleghi del primo governo provvisorio, rovinava tutto. Miliukof, del governo, dissentiva sovente da lui. Egli era contrario, per esempio, alla rientrata in Russia di tutti gli esiliati dell'Internazionale. Diceva che si apriva la frontiera al "disordine". Pazienza, Plekanof. Egli era arcivecchio e afono. Era uno dei primi marxisti russi inaciditi. Vomitava ingiurie su Lenine, disfattista. Pazienza Kropotkine. Egli era maturo per il sepolcro. L'Inghilterra lo aveva imborghesito facendogli largo nelle riviste londinesi. Ma Lenine e Trotski erano due uragani, due sommosse, due rivoluzioni ambulanti, due anticristi della distruzione. Non rappresentano che dei lavoratori. Sono due manifesti rossi. Ambiziosi, diceva un altro ministro. Volevano il trionfo della rivoluzione proletaria per darci lo spettacolo d'una Russia sotto la loro dittatura. Senza di loro il governo provvisorio non avrebbe avuto che operai e contadini a battere le mani e a sgolare la loro approvazione.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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