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      Si è dato ad essi l'ora dell'ultimatum. O cedete domani, 3 settembre 1917, alle dieci del mattino, o sarete sotto il fuoco rapido c fitto delle artiglierie. Tre giorni è durato il cannoneggiamento. Il massacro veniva sospeso a ogni alzata di fazzoletto bianco. Gli ultimi della resistenza sono stati 150. Vennero liquidati il giorno 5. In Russia, peggio. I soldati si ubbriacavano. I soldati uccidevano i superiori. I marinai buttavano in mare gli ufficiali. Con l'indisciplinatezza avevano disimparato a fare il soldato. Padrone della pena di morte, Kornilof ne fece fucilare simultaneamente, in blocco, 500 e sulla loro buca collettiva vi ha piantato questo cartello: "Questi uomini furono traditori della patria e della rivoluzione".
      In tempi in cui i soldati morivano a centinaia di migliaia, accavallati a montagne, come è avvenuto in Francia, non v'era da commuoversi. Migliaia più, migliaia meno non contavano nella somma. Non si erano commossi che i massimalisti, antiguerraioli. Kornilof, trionfante, aveva dato la stura alla bottiglia del suo orgoglio. Lavorava sott'acqua. Demoliva la grandezza di Kerenski. Minacciò una cavalcata fino al centro di Pietrogrado. Voleva esserne il dittatore. Si sarebbe presentato come un Cromwell moderno. La sua perplessità, dopo la minaccia verbale, lo ha perduto. Kerenski lo ha preceduto, lo ha sopraffatto, lo ha chiuso in un cerchio di baionette "come ribelle e traditore della patria". Lo ha fatto arrestare e lo ha inviato a venti ore dalla capitale, nella carcere di Buikhof, sulla linea di Kiew, dove erano altri due generali, il generale Doukonine e il generale Orlof.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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