Ritorniamo alla superficie del leninismo. Kerenski accusava il leninismo del disfacimento militare. Il disfacimnto era del resto nelle cose. La condizione delle truppe si era fatta sentire all'abdicazione, proprio come quando Napoleone III consegnava la spada al re di Prussia. Kerenski, idealista e patriotta, continuava a rincorrere il leninismo nell'esercito con vampate di rettorica. Ma il leninismo gli sfuggiva. C'erano sul registro otto o dieci milioni di soldati che avevano presa la via del ritorno. Era la caccia di tutti gli eserciti. Coloro che venivano sorpresi con la bocca piena di antipatia per la guerra, perivano. Così è avvenuto che i soldati a poco a poco si sfogavano sui superiori. Li fucilavano, li buttavano in mare.
Come negli ambienti militari, è avvenuto negli ambienti industriali. Fu come una simultaneità di linciaggio americano. Veduta la bestia feudale nell'atmosfera rivoluzionaria, il furore delle masse è andato al parossismo. La storia militare era la storia delle officine. Lotta identica fra superiori e inferiori, tra coloro che comandavano e coloro che ubbidivano. In tempo di schiavizzazione le moltitudini subivano l'oltraggio di essere considerate di ferro. Guai al ritardatario per dei dolori di capo o degli accidenti della esistenza. L'operaio doveva essere un orologio, la puntualità in cammino, una macchina dai movimenti automatici, un essere insensibile a tutte le ingiurie, a tutte le multe, a tutti i castighi, a tutti i licenziamenti, a tutti gli orari della quindicina.
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Napoleone III Prussia
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