Nell'atmosfera czaresca tutto era uniforme. Nessuno era cittadino. Tutti erano schiavi. Negli stabilimenti imperava il vassallaggio. La dominazione padronale si estendeva su tutti i subordinati, su tutti i sudditi del lavoro. L'oppressione era nell'aria. L'oppresso la sentiva nelle spalle. I capifabbrica non erano correttori di mestiere. Erano i mastini dei proprietari. Rigoristi implacabili, demolitori della classe soggetta, oltraggiatori dell'umanitą. Nessuna bontą in loro, nessuna considerazione, nessuna scusa. Erano del feudalismo in azione, della tirannia ambulante, degli sgherri di fabbrica, che non sentivano che l'egemonia operaia era alle porte dei Poutiloff del regno.
E allora? Tutti abbiamo letto le sollevazioni dei negri contro i bianchi. Sono torrenti di colorati che sentono la forza della loro unitą, del loro affratellamento. Si ricordano dei loro sorveglianti che li bastonavano o li caricavano dei ferri della schiavitł, che li nutrivano come bestie da soma e si voltavano indietro e li urtavano e li calcavano gli uni sugli altri e li linciavano come la massa americana lincia i bianchi e i neri del vituperio sociale. I capifabbrica del grande stabilimento russo si sono trovati circondati dalle loro vittime accese, convulse, con la testa piena delle loro ingiustizie. Ne nacque quello che doveva nascere. I pił ignobili, i pił abbietti, i pił spietati sono passati dagli urti ai pugni, e dalla colluttazione alla lanterna, come gli aristocratici della Rivoluzione francese.
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Poutiloff Rivoluzione
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