Si sente il gigante che non spreca parole. La sua faccia rossa è inquadrata da una barba a fior di pelle. Baffi cadenti. Fronte alta e fuggente. Leggera calvizia. Sguardo inquieto che s'illumina di durezza intelligente. Testa di profeta mistico. I suoi periodi sono densi di idee e senza lirismi. I suoi 12 anni e l'Imperialismo meritano di essere letti. L'ultima brochure è intitolata I problemi del Potere dei Soviets.
Trotski è della stessa scuola; qualche volta supera il maestro. Egli è più energico, più vibrato, più iniziato nel trattamento di una amministrazione rivoluzionaria. La Repubblica dei Soviets è concezione di entrambi. Ma la spinta edificatoria è sua. Il suo motto di soluzione a Brest-Litowsk era "nè pace nè guerra". Il che voleva dire il distacco dagli alleati.
Kornilof doveva essere mandato al palo. Non lo si è fatto. Gli si è permesso invece di essere intervistato, di ricevere in prigione un giornalista francese per mettere in circolazione le sue bugie. Così i soldati dell'esercito rosso hanno incominciato qua e là la giustizia sommaria. L'organizzatore delle fucilate contro gli indisciplinati, un capitano, non ha potuto continuare a lungo. Gli hanno fatto la pelle.
Kornilof, il generale che aveva tentato di rovesciare con una cromwellata il Governo di Kerenski, aveva giovato a sua insaputa ai bolscevichi. Il tentativo di sollevazione del 3 luglio non era riuscito. I soldati non si erano mossi. Non avevano voluto associare il loro fucile coi disarmati in giacca. Kerenski voleva agguantare Kornilof e mandarlo al muro.
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