Si è sottomesso alle ingiunzioni dei nuovi reggitori. Così egli ha scritto a uno dei suoi amici tre mesi dopo la detronizzazione: "Non mi dolgo, aggiungeva, della mia sorte". Doveva dolersene? Era stato chiuso nel fasto del suo palazzo di Zarkoie Selo, dove la sola privazione era quella di non vedere la oscena consorte. Per lui deve essere stata una sosta ai piaceri. Un po' di sobrietà lo avrà risanato. La frase "io non mi dolgo della mia sorte" ha intenerito tutta l'aristocrazia e tutta l'alta burocrazia al largo.
Noi leggevamo le scipitaggini con la bocca piena di sarcasmo. Nella fortezza Pietro e Paolo si lamentava pure che l'erede al trono, malato e stramalato, fosse rinchiuso con il padre, in un luogo dove era malcurato e malnutrito. Ma noi per consolarci di questa apparente crudeltà non avremmo che da ricordarci dei suoi penitenziari preventivi a tubo, dove i rivoluzionari soffrivano le pene dell'inferno. Gli rincresceva altresì di avere con lui la consorte, la più malcontenta, la più maldicente, la più concupiscente, la più rasputiana e la più svergognata del mondo. Nessuna fu più impudica e più feroce di lei che godeva dei massacri umani, come della carne dei suoi amanti! Per rimetterci i nervi a posto non abbiamo che da correre col pensiero alla Ragozinnikova, appesa dal carnefice per avere ammazzato il direttore delle carceri che affrontava i prigionieri politici e li sottometteva a bastonate, a scaracchi, a vergate, a pugni che scombussolavano il fusto umano. L'ex monarca era fuori di sè quando vedeva le sue figlie, le grandi duchesse, deboli, anemiche in un'atmosfera mefitica o pestilenziale.
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Zarkoie Selo Pietro Paolo Ragozinnikova
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