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      Con tanto materiale per le rivendicazioni dei diritti delle masse la sua voce sarebbe una rivoluzione di campane a stormo. Ma, ohimè! il proletariato italiano è guidato dai leticoni, da persone che vivono di teorie, di sottigliezze, di programmi, di eufemismi, di paure, di ambizioni, di arrivismi, di personalismi.
      Pensieri angosciosi, indietro! Io voglio serbare i miei rancori per i facitori di questa Italia inzuppata di sangue umano. Ah, sì, parlateci dei Cavour. Bei tipi. Tipi di poliziotti nati. Interrogate le memorie dei rivoluzionari d'allora. I Cavour! Cavour stesso aveva una testa che era tutta un viperaio, una rete, un labirinto di sofismi. Gli apoteosisti del suo centenario lo hanno divinizzato. Ma fra i suoi contemporanei hanno dimenticato Guerrazzi, perchè, parlandone, non ha avuto la perfida illusione degli altri. Anche lui, come gli altri, aveva spremuta la spugna dell'aceto e del fiele sulle labbra dell'Italia proletaria. Un po' di corda al collo della sua riputazione sarebbe stata giustizia. Per me basterebbe il 6 febbraio 1853. Nel '53 i Cavour vanno in frantumi. È una pagina che li obbliga a smascherarsi e lasciarsi vedere nel dietro scena e nella viltà. Non sono più protetti dai sotterfugi. Il '53 li confonde coi croati, li mette assieme, li unisce nel lavoro di persecuzione e di espulsione. Sono poliziotti coi poliziotti, boia con boia, carnefici coi carnefici. Gli uni impiccavano, condannavano, inseguivano e gli altri agguantavano, facevano visite domiciliari, bandivano, mettevano in fuga tutti quelli che osavano sognare di fare l'Italia a ogni costo, con o senza monarchia.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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