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      Francesco Crispi. Mi valgo, per la documentazione, di qualche nota del suo libro.
      Il governo piemontese - era al potere Cavour-San Martino - senza alcuna richiesta del governo austriaco (la mia storia mi informa che egli - il governo piemontese - è stato invitato a cooperare alla distruzione dei rivoluzionari della indipendenza), e senza ragione ordinò immediatamente, appena conosciuti i fatti di Milano, l'arresto e le espulsioni di quella parte della emigrazione la quale sui registri di polizia era indicata di idee repubblicane. Non fu questione di alcuna sorta di partecipazione al moto milanese; nessuno degli arrestati fu convinto di ciò o trovato in possesso di corrispondenza che potesse tenere luogo di una qualsivoglia prova indiziaria. La fretta e la illegalità patente dell'atto scandalizzò tutti coloro che avevano prestato fede al liberalismo di Cavour
      .
      Il questore di Torino si chiamava De Ferrari. Do il nome del grosso birro dell'Italia iniziale perchè in lui è il prototipo di tutti i questori venuti dopo e sparsi per le provincie della "Italia una". È il tipo che trovate a Palermo nel De-Seta, colui che ha servito poi Crispi nel '94.
      Il De Ferrari aveva il pelo sullo stomaco come il Maniscalco della Sicilia borbonica.
      Udite Mauro Macchi che era uno scrittore di diarii e di almanacchi politici e che fu poi deputato per tanti anni: "Cacciato dal Piemonte dopo cinque anni di dimora in seguito agli ultimi fatti di Milano, sento il bisogno di dichiarare dinanzi al pubblico ciò che il Governo non ignora, cioè che nessuno fu più estraneo di me al tentativo del 6 febbraio, come nessuno ne deplora più vivamente le sanguinose conseguenze".


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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