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      L'Italia è fatta e i suoi facitori sono nel medagliere del cinquantenario. Ma se la storia potesse parlare non ce ne sarebbe uno che potrebbe salvarsi dalla fama di poliziotto. Noi non abbiamo avuto per governanti che poliziotti. Il nostro più grande ministro non è stato superiore al cervello di Satriano, il capo della polizia napoletana ai tempi del Borbone. C'era e c'è forse in tutti i ministri italiani un po' dell'aguzzino di professione.
      Lo stesso re Vittorio Emanuele II comunicava le "mene rivoluzionarie" a Napoleone III. Mentana è a mia disposizione. È tra quei due regnanti e tra i loro ministri che è stato preparato il massacro garibaldino a Monterotondo, sui monti Parioli, come è da quel carteggio che esce che Vittorio Emanuele II e i suoi governanti non volevano Roma. "Il mio governo ed io, scriveva il re savoino all'imperatore del Due Dicembre, per mantenere fede al trattato di settembre, l'abbiamo combattuta (la rivoluzione) con tutte le forze nostre al di qua dei confini di quel territorio. Ora che, d'accordo anche colle popolazioni, minaccia la sicurezza della Santa Sede, io non posso far nulla per impedirla, non potendo passare il confine. Se vostra maestà crede dover inviare truppe a Civitavecchia o a Roma, io dovrei simultaneamente oltrepassare il confine, e si metterebbe ben tosto termine a cotesto stato anormale di cose. Farei nel medesimo tempo un proclama, nel quale dichiarerei di non avere alcuna idea ostile contro l'esercito francese. V. M., nell'alta sua saggezza, troverà poi il modo di accomodare le cose in guisa che gli interessi delle due nazioni siano messi in salvo".


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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