Si faceva sul serio. La gioventų repubblicana si votava alla morte.
In quel periodo in cui si chiamava il questore Menelao, il questurino mardocheo, il "Corriere di Milano" Trotta piano, e la "Perseveranza" madama Travasa, ci sono stati dei tentativi quasi simultanei per rovesciare la monarchia che non sapeva che tosare i contribuenti e far tacere i riottosi della fame a colpi di fucile.
A Pavia, a Piacenza, a Brisighella (Faenza), a Bologna, altrove si č tentata l'insurrezione a mano armata.
La mente direttiva doveva essere una sola perchč si č trovato dovunque la stessa movimentazione.
Gli insorti, con la connivenza dei congiurati militari, si sono impadroniti dei fucili e dei revolvers. Nella stessa notte, quasi alla stessa ora, con le stesse grida hanno dato l'assalto alle caserme. Si sperava in un affratellamento. Viva l'esercito! gridavano. Viva la repubblica! Abbasso la monarchia! Viva lo Statuto! Viva il 42° fanteria! Fuori! fuori!...
La risposta č stata identica in tutti i luoghi. In certi siti la sentinella non ha esitato a far fuoco, in certi altri si č ritirata nei casotti chiamando alle armi! e in alcuni ha strčpitato fino a quando sono usciti i soldati con l'ufficiale a scaricare le armi.
Pochi morti e pochi feriti da una parte e dall'altra. Non c'era astio, non c'era odio, non c'era esasperazione fra di loro. Senza la disciplina gli uni si sarebbero gettati nelle braccia degli altri.
A Pavia il moto insurrezionale č incominciato alle 4 e mezzo del mattino del 24 marzo 1870.
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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano 1945
pagine 97 |
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