I rivoltosi non erano che 40 o 50. Si sono avviati alla caserma di S. Francesco. C'è stato uno scambio di fuoco. L'ufficiale che comandava la compagnia cadde gravemente ferito, come caddero feriti tre o quattro soldati. Un sergente venne trovato più tardi cadavere.
Gli insorti vi hanno lasciato uno dei loro cadavere. Aveva in tasca due revolvers. Più tardi si è ritrovato un altro borghese morto.
Altrove la scena si era ripetuta. Il quarantaduesimo di fanteria era un po' a Pavia, un po' a Piacenza e un po' a Brisighella. Si è supposto che fra i soldati dello stesso reggimento ci fosse un'intesa.
Il sindaco di Pavia era il Vigoni del nostro tempo. Ha ingrossato l'avvenimento, ha veduto cataste di cadaveri in ogni angolo. Si sono fatti molti arresti a casaccio. Si sono trovati dei fucili.
Il Mosti, il quale non doveva avere grande importanza, perchè non l'ho mai trovato in nessun libro o giornale con cenni maggiori di quelli della sentenza, era riuscito a mettersi in salvo e Pietro Barsanti è stato preso per il colletto, arrestato e trovato con due dei revolvers rubati al deposito in saccoccia.
Aveva ventun'anni, era volontario ed in caserma aveva imparato a disprezzare la monarchia.
Lo si è processato. È stato difeso da tre personaggi della Camera a Firenze: da Mancini, da Pier Ambrogio Curti e da Pierantoni, morto ieri.
L'eloquenza non è valsa nulla. Un tribunale militare non ha cuore che per il codice militare. È stato condannato alla fucilazione nella schiena.
La condanna era stata pronunciata 2 mesi dopo l'arresto, e la sentenza venne eseguita tre mesi dopo, alla presenza di tutte le rappresentanze di tutte le armi dell'esercito.
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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano 1945
pagine 97 |
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