Altri aggiungeva che bisognava avere pazienza. Roma poteva capitare agli italiani per un cataclisma indipendente dalla loro ferma volontā. Crispi disse una seconda volta, che approvando il reclutamento di un esercito di mercenari, si accettava l'intervento mascherato. "Il papa che non abbiamo riconosciuto e che non ci riconosce, entrerebbe col nostro consenso nel concerto politico europeo". La Convenzione era la decadenza del bel Paese nei secoli avvenire.
Nicotera si era limitato a poche parole: "Se domani, diceva, noi tentassimo di andare a Roma, una volta usciti i Francesi, ci si respingerebbe a fucilate. Conosco troppo bene la lealtā del Generale La Marmora, per non sapere che interrogato su questa questione risponderebbe: sė". (Il presidente del consiglio faceva cenni affermativi).
Il popolo che non č nč diplomatico nč parlamentare, ha fiutato subito la sciagura nazionale. Quello torinese che non voleva che Torino o Roma, o la culla della monarchia o la capitale storica, non ha esitato a decidere sul "patto internazionale". Era una canagliata solenne. Non poteva, non doveva avvenire. Crispi aveva fatto l'ultima concessione: "Io non ho altra bandiera da innalzare; la bandiera mia č quella che innalzai, sbarcando con Garibaldi a Marsala: Italia una con Vittorio Emanuele!".
Ma Firenze per Roma era anche per lui una canagliata.
Il popolo si č rovesciato in piazza. La cittā era in subbuglio. La dimostrazione č incominciata dinanzi la tipografia della Gazzetta di Torino, giornale ministeriale e difensore svergognato della Convenzione di settembre.
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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano 1945
pagine 97 |
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