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      Soprabitino e pantaloni, questi piuttosto corti, calzava stivali più grandi del suo piede.
      Non era calvo, ma la fronte aveva spaziosa, la bocca piccola, raramente sorridente, forse perchè molti denti gli mancavano, gli altri anneriti dalla nicotina.
      Allorquando sortiva, si copriva con un cappello nero a cencio a larghe tese.
      Appena si era introdotti alla sua presenza, vi assaliva, subito con queste domande: "Avete combattuto per l'Italia? Foste con Garibaldi? Siete dei nostri?".
      Qualunque fosse la risposta, non cessava perciò di essere cortese, buono, e circospetto; ma se eravate un semplice curioso era inutile di ripresentarvi una seconda volta, a meno che non sapesse chi vi aveva attirato nelle sue file.
      Semplice, buono, generoso, con uno sguardo languido, limpido, nient'affatto lampeggiante, ma sereno, uomo che si sente onesto e forte: la parola era uguale allo sguardo.
      Non aveva nulla dell'oratore. Parlava semplicemente, con calma, con effusione, con fede, con convinzione: era, insomma, "un grand causeur".
      Ma quello che veramente ammaliava i giovani d'allora, era il fascino irresistibile di tutto il suo essere, del suo nome, della sua fama, la leggenda di ammaliatore che aleggiava attorno al suo nome, e la potenza della sua mente.
      Oggi, dopo quarantaquattro anni, dopo tante vicende, dopo aver frequentati molti di quegli uomini che la storia chiama grandi, non conobbi che Mazzini che sia stato veramente grande, semplice, generoso, disinteressato come Garibaldi, e come questo fu grande nell'azione, egli fu altrettanto grande nel pensiero.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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