Io, grazie alle battaglie già combattute in Italia, in Atene, in Candia, ed alle condanne, ebbi subito la sua stima e fiducia. Del resto, nel 1867, allorquando lo conobbi personalmente, gli ero già noto perchè, fin dal 1861, io ero in relazione epistolare con lui, perchè i suoi punti d'appoggio li cercava nell'esercito. E se nel 1862 disertai dal 37° reggimento fanteria di stanza a Palermo, con altri 38 sottufficiali, è che noi seguimmo Garibaldi che aveva lanciato il grido di "O Roma o morte!", grido che la monarchia assassina soffocò, nel sangue di Garibaldi e dei garibaldini ad Aspromonte.
E qui mi fermo, perchè per parlare delle mie relazioni col grande agitatore, dovrei parlare troppo lungamente di me e passo a Luigi Wolff.
Lo conobbi personalmente, intimamente, a Londra nel 1867, e fu lui che m'introdusse presso Mazzini, col buon Domenico Lama di Faenza (Mingon).
Confesso, che la prima impressione fu piuttosto cattiva, perchè cercò di sapere da me, appena visto, troppe cose che, diffidenti come eravamo a quell'epoca, non gli dissi.
Non so nè la sua età, nè il suo luogo di nascita. So che nel 1848, capitano di una banda di svizzeri tedeschi, militò contro la Repubblica Romana.
Disertò e passò nel campo repubblicano, insinuandosi così nell'amicizia del grande triumviro.
Il titolo era buono e, forse, nei primi tempi fu sincero. Ma si avvide presto che l'amicizia di un tal uomo (Mazzini) fruttava molti onori, sì, ma molte persecuzioni, pochi guadagni, ed egli era avido e, per averne, tradì la fede, il maestro, l'amico, la sua nuova patria d'adozione, tutto.
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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano 1945
pagine 97 |
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