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      Sconfessava, negava, ripudiava. Garibaldi accorso a Genova a presiedere alla riunione dei 400 delegati dei comitati di provvedimento, usciva dall'edificio pedinato. Urbano Rattazzi aveva assunto la maschera del ministro italiano. Non era pių che un poliziotto. Il generale, alloggiato a Trescore per una cura balneare, si vide arrestar di notte il colonnello Cattabeni, l'eroe di Caiazzo, come complice dei ladri della banca Parodi a Brescia, mettere sotto chiave Nullo e Ambiveri. A Sarnico e nei dintorni si compiono delle razzie. Si ammanettano pių di cento giovani côlti senz'armi. Notate che Garibaldi era allora deputato e che poco prima aveva regalato il reame a Vittorio Emanuele. Questo sproposito di essere generoso e leale cogli ingenerosi e gli sleali ha fatto dire a Proudhon parole scortesi sul generale. Non lo ha capito. Il generale non ha mai voluto fare da sč. Egli č andato dappertutto con la bandiera di Vittorio Emanuele. Ha voluto l'Italia unita e monarchica. Dove sentiva gridare Viva Mazzini! Garibaldi rispondeva Viva Vittorio Emanuele! Vittorio Emanuele non lo ha neanche salutato quand'egli gli ha presentato i Mille divenuti delle migliaia lungo la campagna di liberazione e si accomiatava dai suoi con il famoso sacco di castagne. Doveva conoscerlo. Era un re irriconoscente. Doveva serbargli rancore per tanta ingratitudine. Ma Garibaldi era senza fiele. Non c'era mercato nelle sue vittorie. Anche le sue collere non duravano pių della tempesta. A Brescia il popolo domandava a grandi grida la scarcerazione dei cento arrestati.


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Il cinquantenario
Note per la ricostruzione della vita pubblica italiana
di Paolo Valera
Casa Editrice Sociale Milano
1945 pagine 97

   





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