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      Alle otto venne il carceriere a domandarci se volevamo qualche cosa. Quasi tutti gli domandarono se non era tempo di liberarci. Ci disse di fare presto, che lui aveva tre camerotti zeppi di gente che aveva fame. Allora fu una gara, e il carceriere dovette pregarli di andare adagio. Chi comandava del caffè e dei sigari, chi del pane e salame e chi una frittura di fegato col limone. C'erano signori che si ricordavano del limone in un momento da strapparsi tutti i capelli dalla testa! Non ci furono che due che non gli diedero seccature: io e il precettato. Eravamo tutti e due senza il becco di un centesimo. Venuta la distribuzione, si sono ristorati come hanno potuto. Mangiavano con le mani e stracciavano il pollastro coi denti. C'erano di quelli che avrebbero voluto il tovagliolo. Ringraziate Dio, o brontoloni, si diceva, che avete il fazzoletto.
      Le persone di cuore non possono mangiare senza dividere con coloro che non mangiano. Io e il precettato abbiamo finito per menare i denti più degli altri. Della gente buona ce n'è dappertutto. Ci fu quel signore col cappellaccio, che dicevano avesse fatto la barricata con le statue, che mi diede il suo vino. Egli non aveva voglia di bere. Grazie.
      Non so come si faceva a non crepare. Ci mettevamo i gomiti sullo stomaco per mancanza di posto e tenevamo la mano sulla schiena di quelli davanti per non buttarci addosso le cose brodose.
      I vestiti più bene offrivano i sigari a quelli che non avevano da fumare. In pochi minuti eravamo tutti in una nube, l'uno non vedeva il naso dell'altro.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





Dio