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      - Guardia! guardia!
      Era un grido che usciva da una finestra delle celle disotto. Tra il grido e la chiave vi fu l'intervallo di una mezz'ora. Sentimmo i prigionieri della camerata che lo portarono in infermeria. Morì anche lui, poco dopo, senza sapere di che male moriva. Quando si fece vivo il medico, il sole era alto e gli ammalati avevano già pregato per la sua anima da tanto tempo.
      Il Platner rinunciò all'infermeria.
      La sera dopo era tra noi a ripeterci coi colori dell'ambiente quello che vi ho raccontato in poche parole.
      Ci salutammo colla promessa che all'indomani mi avrebbero spiegato che cos'era la "pulce".
      Questo sì che fa male! Non posso sentir piangere i ragazzi in prigione. Perchè li mettono in prigione come gli adulti?
      Ce n'è uno che deve essere in fondo a una camerella sotterranea. Piange come una disperazione. Il suo lamento arriva nella mia cella come quello di uno che sia stato male ammazzato in una cantina. Ecco che grida più forte. Mamma! mamma! Taci, taci, tormento delle mie viscere, tu mi passi per le orecchie come uno spillone puntuto. Abbiate pietà di un povero ragazzo. Sentite come piange dirottamente! Con che voce chiama la mamma! Forse egli ha peccato, forse egli ha disubbidito, forse egli vi ha insultati, ma pensate ai suoi anni, perdonategli... Bravo, taci, mi fai tanto bene. Il pianto lo ha vinto. Probabilmente egli è sdraiato nel sonno. Se vedrò il cappellano farò di tutto per indurlo a gettarsi ai piedi del direttore. Non è un'umiliazione, quando si è impotenti, genuflettersi ai piedi della iena che lo ha rinchiuso.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





Platner