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      Romussi, che, come tutti sanno, č un lavoratore instancabile, si era alzato alle due antimeridiane a gettar gių cartelle sopra cartelle, dolendosi, di tanto in tanto, di non avere avuto con sč la collezione del Secolo per poter documentare la sua vita di giornalista.
      Ciononostante, scrisse un mucchio di cartelle che sono state distrutte o perdute.
      Al Castello vi doveva essere un raccoglitore di manoscritti. Perchč di tanto in tanto si sentiva qualcuno dei ventiquattro lamentarsi di avere smarrito dei foglietti pieni delle idee che intendeva svolgere al Tribunale militare. Don Davide fu il pių sventurato di tutti. Perchč, oltre all'avere sciupata la fatica per l'autodifesa, trovō che una mano ignota gli aveva involato dalla valigia un manoscritto ch'egli aveva preparato nelle lugubri giornate al Cellulare e che intendeva pubblicare subito dopo la sentenza. Egli ha potuto far avere a me una di queste cartelle, scritta con una calligrafia quasi femminile, e piena di parole feroci contro quelli che chiama i suoi delatori.
      La cosa pių noiosa durante gli otto giorni di processo erano le manette. A tutti noi si mettevano i ferri quando si usciva dalla stanza per andare al tribunale nel cortile della Rocchetta, quando dal tribunale si era accompagnati nella stanza a far colazione, quando ci si riconduceva sul banco degli accusati e quando ci si riconsegnava al secondino per essere chiusi in prigione fino all'indomani alla stessa ora. Lungo il passaggio tra un cortile e l'altro, v'era sempre folla.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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