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      Il resto lo scialava in frutta.
      Il 2256 non rinunziava alla bibita. Senza una golata di vino non avrebbe saputo ingoiare tutte le porcherie del bettolino.
      La lista della spesa includeva anche il caffè. Il 2557 e il 2559 persistettero per più di una mattina a berne mezza razione di cinque centesimi. Ma dovettero rinunciarvi. Era un'acqua colorata e tepida di un sapore che faceva fare gli occhiacci. Lo si inghiottiva come una medicina disgustosa.
      Il 2557 non lasciò mai il suo mezzo litro di vino di 18 centesimi, anche quando il vino era acre o imbevibile come l'aceto. Egli aveva uno stomaco di ferro, ma senza una goccia di vino non avrebbe potuto digerire i piatti del menu carcerario.
      Il nostro piatto di forza erano i gnocchi di dodici centesimi conditi coll'olio, puah! che sentiva della colatura della lucerna. Il lunedì avevamo la leccornia di 200 grammi di bue in umido per ventotto centesimi e di 100 per quattordici. La carne era dura come il corame, e il 2556 diceva appunto che ci volevano i suoi denti o i denti del leone per masticarla. Nel sugo pepato, pepatissimo, bisognava mollificare il pane, guardando altrove e mangiando a occhi chiusi. Il sugo era una miscela che sapeva di un po' di tutto e che diventava succolento in ragione dello sgrassamento che si compiva in noi sotto il regime di una dieta di ferro.
      Non ho veduto sbatterlo via con indignazione che una volta.
      - Aristocratico! aristocraticone! gridammo in coro al 2558.
      - Bravi! guardateci in fondo!
      C'era un semplice scarafaggio in decomposizione!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316