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      - Se non farete silenzio, mi varṛ di questi diritti.
      Fu come una dichiarazione di guerra.
      Gli occhi dei forzati erano illuminati dalla vendetta.
      Il capitano ordiṇ il pronti e i fucili si curvarono verso la regione del petto dei rivoltosi.
      Non ci volle altro. Nacque tra i forzati la gara di voler morir prima. Ciascuno si cavava la giacca, si sbottonava la camicia e si presentava ai fucili, gridando:
      - Fuoco! fuoco!
      Il primo di tutti fu Vitale - un forzato siciliano. Sbattuta in terra la giacca, diede un addio commovente ai compagni, ne bacị qualcuno stringendoselo al seno, e con un addio generale, un "addio a tutti", si mise innanzi ai soldati:
      - Voglio essere il primo! Tirate! tirate! Fate fuoco! fate fuoco!
      Coloro che hanno assistito a questa scena mi hanno assicurato che nessuno aveva mai veduta tanta gente offrire entusiasticamente la vita grama della galera alle palle militari.
      - Avremo finito di tribolare! Fate fuoco! fate fuoco!
      Ufficiali e soldati rimasero paralizzati. Sarebbe parso loro una vigliaccheria di tirare sulla moltitudine che voleva morire.
      Il capitano, invece del fuoco, ordiṇ il pied'armi e si ricominciarono i discorsi.
      Ci si disse che "eravamo tutti figli d'Italia, figli di una grande e bella nazione e che anche noi un giorno saremmo stati degni di farne parte".
      Le parole affettuose passarono sui loro dolori come un balsamo. L'odio lasciava posto al moto del cuore.
      Le mani dei galeotti irruppero negli applausi e le loro bocche incominciarono a gridare: Viva l'Italia!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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