Io ne rabbrividisco ancora.
Il Natale del 96 dissipò ogni malinteso. I capi si rappattumarono, e i siciliani e i napoletani si abbracciarono per organizzare il fuori! fuori!
- So che c'è qui anche il Frezza, l'assassino di Raffaele Sonzogno, il direttore della Capitale di Roma.
- C'era. È partito, qualche giorno prima del vostro arrivo, per il bagno, credo, di Civitavecchia.
- Che tipo era?
- Un tipo ignorante. In ventisei o ventisette anni di galera, è rimasto l'imbecille del processo. La sua mania era di credersi un personaggio politico - un uomo che aveva "fatto il colpo" per ordine di Garibaldi.
Mentre tutti noi, che disprezziamo il sicario, gli dicevamo che non era che un vile accoltellatore che ammazza per una somma qualunque. Qualche volta si sentiva umiliato e qualche volta scattava con una caterva di improperii!
- Diceva mai nulla di Luciani?
- Ch'era contento di sapere che portava la catena come lui. Quando era abbattuto e si sentiva stufo di questa vita che non gli dava mai un barlume di speranza, lo chiamava la sua "disgrazia". Senza l'amico del Paino dell'Olmo, egli diceva che non sarebbe mai andato all'ergastolo.
Callegari Sante.
Il Callegari Sante, uno studente di scultura, di diciassette anni, che fece parte del cosidetto "processo dei giornalisti", si è trovato nel vagone cellulare che lo conduceva a scontare i suoi diciotto mesi di casa di correzione, con il Frezza. "La nostra prima tappa, mi disse questo minorenne, doveva essere Bologna. I miei compagni di viaggio erano quasi tutti condannati per reati comuni.
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