Toccava ai condannati far coraggio ai visitatori! Il Turati risaliva qualche volta sfatto.
- È un supplizio. A momenti, mi facevano piangere!
Romussi, più di una volta, entrava nel cellone colle lagrime negli occhi.
Federici rientrava e si metteva a passeggiare colle mani imbracciate. De Andreis invece si toglieva la giacca - lui non stava mai che in maniche di camicia - la metteva con cura sul letto di Turati, accendeva una sigaretta e ricominciava a mandare a memoria delle declinazioni latine!
Il giorno in cui si seppe l'esito della Cassazione mangiarono con maggior appetito senza punto discuterlo. Lo sapevano anche prima. Il ricorso per loro non era stato che un modo per guadagnar tempo e per aderire alla volontà dei parenti e degli amici che volevano che si andasse fino in fondo. Il dolore comune erano le centocinquanta lire!
- Queste sì, disse De Andreis, che sono state sciupate!
- Rubate! dicevo io.
[vedi figura 10.gif: LUIGI DE ANDREIS.]
Dopo la parola della Cassazione fu davvero una pena. Nessuno era riuscito a dir loro il giorno della partenza e ogni sera si separavano coll'ambascia di non rivedersi più per del tempo.
- Ci manderanno assieme?
Turati aveva una pallida speranza di rimanere al Cellulare con la compagna della sua vita o di andare a Pallanza, dove la sua buona mamma avrebbe potuto andarlo a vedere di tanto in tanto senza fare un lungo viaggio. Romussi aveva paura di ritornare a Finalborgo, un luogo maledettamente umido, lontano da Milano, ove gli sarebbero ritornati i dolori artritici.
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