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      Maledivo e stramaledivo il mio difensore governativo, l'avv. Alfonso Alberosa, che mi aveva strappato dall'ultimo supplizio. Quante volte mi sono augurato ch'egli fosse stato afono! Non mi avrebbe salvato il collo. Pazienza. Allora avevo paura di morire. Nel Castellaccio, invece, sognavo la morte. La privazione della vita, credetelo, non è il massimo dei castighi. La condanna a vita sì, che è peggiore della morte esasperata, inasprita dagli ordigni che lacerano e squartano, e lasciano appesi come un quintale di delinquenza! Beccaria assassino, tu sei stato il più iniquo degli scrittori penali italiani. La tua è stata una vendetta, una atroce vendetta. Tu hai voluto sottrarci al carnefice per inebriarti dei nostri tormenti. Se la libertà individuale perisce alla porta di questi edifici, perchè hai tu voluto emendarci? Giuseppe De Maistre, tu sì che sei stato cristiano. Più ancora che cristiano. Tu sei stato un avvenirista dell'antropologia moderna. Dato che il mio pensiero sia veramente criminoso, a che risparmiarmi il tratto di corda? Ben venga la morte che sopprime il pericolo sociale e la tortura individuale!
      Scusate se mi lascio trasportare. Sono ancora convinto che sarebbe stato meglio mi si fosse seppellito vivo in un sacco, che non avermi fatto espiare ventinove anni di galera senza che il sovrano abbia trovato un minuto per pronunciare la parola perdono. Perdonate, o signori, a un povero peccatore pentito che ha attraversato tutto questo periodo senza un'ora di punizione!


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





Alberosa Castellaccio De Maistre