Le spie e i falsi testimoni sono i tipi più esecrati dalla popolazione degli ergastoli. Mentre ero al Castellaccio c'era un certo Santo Sterpone, nato a Luccoli, della provincia d'Aquila. Era stato condannato a venti anni, come omicida, per due false deposizioni. In galera non poteva darsi pace. Diceva a tutti che era innocente e agli intimi che non sarebbe molto tranquillo se non dopo avere scannati quei due cani. Noi lo lasciavamo sfogare e ridevamo dei suoi sogni di vendetta.
- Fra venti anni sarai morto o saranno morti i tuoi testimoni.
Lui ci rispondeva travolgendo gli occhi e mordendosi il labbro.
Con la buona condotta e con l'intelligenza era diventato scrivanello. Dal momento che ebbe in mano la penna che lo lasciava girellare per lo stabilimento, la sua vendetta divenne una fiaccola accesa. Non ebbe più requie. Pensava a una fuga. Studiò bene i più riposti angoli, si provvide degli strumenti che lo avrebbero aiutato a demolire e a segare, e aspettò il momento opportuno. Egli avea notato che a fianco della stanza numero 4, ove dormiva con altri quattro che uscivano a lavorare, era la cucina con una porta che egli avrebbe potuto scardinare e con una serratura che non gli sarebbe stato difficile di staccare con uno scalpello.
Eravamo nell'aprile del 1877. Pioveva che Dio la mandava. La pioggia torrenziale cadeva sui coppi e sulle pietre con un fracasso che soffocava ogni altro rumore. Con la pioggia era caduta una nebbia che non lasciava vedere a due passi.
Al di là dell'uscio della cucina c'era uno spazio, con un alto muro sul quale signoreggiava il bastione con la garetta nella quale era accovacciata, indubbiamente, la sentinella.
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