A poco a poco del Broglio del Pungolo - il quale passava per il cronista sommo della Risottopoli per le sue noterelle patrie e per avere introdotto, tra i fatti cittadini, le notizie che la questura comunicava a lui solo - non rimase più nulla. La cronaca si era elevata, Romussi l'aveva intellettualizzata, allungata, drammatizzata e resa indispensabile. Con lui i pennivendoli più sfacciati della cronaca cittadina sono stati obbligati a divenire più prudenti o a frenare la loro ingordigia.
Egli è ora direttore del Secolo, di quasi cento mila copie, ma io, a costo di farmi lapidare, persisto a credere che sia in lui più l'uomo di lettere che il giornalista. Chi ha letto i suoi lavori e specialmente Milano nei suoi monumenti - un'opera che quando sarà terminata rappresenterà la sua gloria - non può venire che a questa conclusione. Egli è un illustratore passionato. Charles Dickens è stato il primo direttore del Daily-News a due mila ghinee l'anno. Ma anche i suoi più grandi ammiratori hanno dovuto convenire che la sua tendenza era verso l'immortale Pickwick. Romussi è sempre pronto a buttar giù, lì per lì, qualunque articolo su qualunque soggetto. Ma il giornalismo moderno non si contenta della vitesse della penna. Esso esige tutta l'attività di un uomo anche se quest'uomo non scrive mai un articolo. I più grandi direttori dei più grandi giornali del mondo scrivono pochissimo. John Dilane, l'autore, si può dire, del Times dei nostri giorni, non fu mai a writer. Non scrisse che qualche articolo tra un anno e l'altro.
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