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      - Buono, dissi vuotando il bicchiere.
      Nessuno rispose. Pareva avessi detto loro una insolenza.
      Dopo la colazione entrò il sottocapo con un immenso pacco di lettere e di biglietti di visita e una manata di telegrammi. Si buttarono loro sopra come avari che ricuperino il sacco dei denari che credevano perduto per sempre, e si ingolfarono nella lettura intima senza lasciar trapelare un pensiero dei tanti pensieri che erano loro giunti.
      Le sole cose che riferivano erano i saluti o gli augurii nei quali fossimo compresi tutti od alcuni di noi.
      - Il tale vi saluta tutti!
      - L'Aliprandi saluta anche te, Paolino.
      - Grazie.
      - Il tale augura a tutti buon Natale!
      Tra i tanti telegrammi ricevuti nella giornata ricordo quelli di Bertolazzi, i quali riuscirono a smutriare qualcuno.
      - Buon Bertolazzi!
      - Buonissimo!
      Lungo l'asse che correva al dorso della parete erano parecchi panettoni. Furono dessi che incominciarono a dar vita alla conversazione.
      - Che cosa ce ne facciamo? Non possiamo mangiarceli tutti.
      - E se ne dessimo uno ai poveri forzati? I reclusi del maggio ricevono qualche cosa, hanno forse ricevuto tutti qualche cosa. Mentre i perpetui e gli a tempo con la catena, non sono ricordati neppure dai parenti. Chi ha vergogna di loro e chi li dimentica come individui morti. E se ne dessimo una fetta a tutti loro? C'è questo del Mascarini, offelliere di Milano, mandato a don Davide. È grosso come un cetaceo.
      Federici non si fece ripetere l'interrogazione. Se lo portò sul tavolo e con una cordicella si mise ad affettarlo.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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