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      Egli è piuttosto piccolo, con la pelle sulla faccia scura e butterata, con gli occhi un po' loschi e con le estremità del taglio della bocca non esattamente equidistanti. È tutt'assieme una figura rapace.
      Lo abbiamo perduto per avere alzato il gomito. Poco abituato a bere, un giorno era riuscito ad ubbriacarsi. Lo trovai nel letto della infermeria incatenato alla branda, con la cuffia di cotone bianco sulla fronte, che stava aspettando la sbriacatura.
      - Che cosa fate? gli domandai.
      - Non ho potuto alzarmi alla solita ora per un po' di vino brusco. Accidenti al vino brusco!
      All'indomani, o qualche giorno dopo, il direttore lo mandò nell'altro reclusorio a mia insaputa e io non ho potuto restituirgli lo Stecchetti che mi aveva imprestato per passare il tempo.
      Lo scrivanello lo sapeva quasi tutto a memoria.
     
     
     
      Fra i passatempi dei condannati.
     
      Fra i passatempi dei condannati giornalisti nel Reclusorio v'era pur quello di mettere in versi i fatti che destavano qualche impressione. Come saggio pubblico le seguenti strofe di don Albertario. La notte dal 26 al 27 novembre una libecciata terribile devastò la sponda ligure e recò gravi danni in mare e in terra. A Finalborgo furono schiantati alberi, trasportati dal vento comignoli e tetti; il camino della caldaia a vapore del Reclusorio di Finalborgo venne spezzato a metà, cadde sull'infermeria del carcere, sprofondò il tetto e, per prodigio, non schiacciò nei loro lettini gli ammalati. Al mattino si celebrò il fatto doloroso, con le strofe di don Albertario:


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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