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      Sono uscito arciconvinto che nei reclusori italiani si istupidisce la gente con la fame.
      Un anno di reclusione, con seicento grammi di pane in due razioni e due mezze gamelle di pasta in brodo al giorno, basta per ritornare alla società secchi come chiodi e col cervello completamente rammollito
      PS. - Permettetemi di aggiungere due parole alle note di Finalborgo. Sono stato perdonato, non è vero? Ma, o signori, o cosa direste se io, legge, vi mettessi sotto chiave per dei mesi e poi vi perdonassi? C'è stato un processo, lo so. Non siamo mica stati mandati alla reclusione così alla cieca. Ci si è detto che avevamo commesso un delitto. Ma anche noi, o signori, abbiamo detto e ridiciamo che ci si è mandati in galera innocenti. E se siamo stati mandati in galera innocenti, non c'è che una via alla riparazione. Rifare il processo, restituirci quello che ci si è tolto e risarcirci dei danni. Il risarcimento dei danni vogliamo, o signori, che ci avete mandati in galera e ci avete lasciati fuori come mendichi che avessero limosinato l'indulto. Non altro.
     
     
     
      Achille Ghiglioni.
     
      Sono sicuro che se Achille Ghiglioni dovesse autobiografarsi, si presenterebbe ai lettori comeun uomo senza importanza. Al Castello, nella stanza lungo il ballatoio che dà sul cortile della Rocchetta egli, con grande modestia, si meravigliava di trovarsi impigliato nel processo dei giornalisti.
      Con noi, nella quinta camerata di Finalborgo, è stato il modello degli uomini industriosi. Si alzava e si metteva al lavoro. In un giorno egli studiava, senza mai stancarsi, un po' di tedesco, un po' di olandese, un po' di spagnuolo, un po' di musica, un po' di manuale del capomastro, un po' di stenografia, un po' di disegno, un po' di computisteria, un po' di letteratura moderna, un po' di Porta e un po' di altre cose che non ricordo.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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