Su fratelli, su compagni.
Su venite in fitta schiera,
Sulla libera bandieraSplende il sol dell'avvenir.
Tu leggi, e due altri passeggiano, come in una caserma, o lungo un corridoio, o nel cortile, con le braccia sulla schiena, battendo i tacchi, scombussolandoti il pensiero col tremuoto dei piedi. Tu leggi, ed ecco un animale che si sveglia di soprassalto, con dei versi in bocca:
Me non nato a percuotereLe dure illustri porte,
Nudo accorrà, ma libero,
Il regno della morte.
Tu leggi, e nasce una conversazione che ti prorompe nel cervello come una gazzarra di voci, ma che finisce per piacerti e uncinarti a prendervi parte. Tu leggi, e un prigioniero si sbottona e ricorda aneddoti contemporanei che ti fanno chiudere il libro, tanto sono interessanti. Tu leggi, e un agente del reclusorio ti chiama dabbasso, in direzione, per una cosa che ti si poteva dire con un monosillabo, o anche fra cento anni. Tu leggi, ed entrano i battitori a scomodarti e a rintronarti le orecchie. Tu leggi, e suona la campana della distribuzione della minestra e del pane. Tu leggi.... Credetelo, in una camerata perdete l'illusione di potervi sommergere in un libro per ritornare alla vita rifocillato di qualche cosa.
Col permesso di scrivere, il nostro tempo penale si accumulava e si accorciava rapidamente. Qualche volta si avrebbe voluto che la giornata di diciassette ore fosse più lunga, per avere modo di prolungare la gioia del lavoro. C'era tra noi la gara degli operai a cottimo. Ci si alzava e ciascuno andava al proprio posto.
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