Alla porta della questura c'era la signora Seneci, colorata dalla morte, che aspettava il marito con la paura di perderlo un'altra volta.
L'Invernizzi e il Del Vecchio vennero rinchiusi in un camerotto per ordine del viceispettore Prina. Zavattari e Seneci vennero rilasciati dopo le solite formalità. Zavattari, quando l'ispettore Latini gli fece un'interrogazione, divenne un po' agitato. Non voleva sentire più niente. Voleva andarsene sui monti e non pensare al brutto sogno attraverso il quale era passato. Io fui sfrattato dalla provincia di Milano, entro le ventiquattro ore.
All'uscita trovai l'ing. Ongania, sindaco di Lecco, e l'avv. Ignazio Dell'Oro che mi aspettavano. Stavamo per andarcene, quando il vetturale che mi aveva condotto alla questura mi ricordò la corsa.
- Dica, e la corsa?
Non mi si avevano ancora restituiti i denari. Il mio amico sindaco tirò fuori subito il portafogli.
Vetturale: Scusi, lei è forse uno del processo dei giornalisti?
- Sissignore.
Diede una frustata al cavallo e via senza la corsa,
- Ho anch'io un cuore, diss'egli scappando.
L'arresto dei redattori dell'"Italia del Popolo" narrato da un testimonio.
A me pare una scena che inchiuda Bava Beccaris. Una di quelle scene che si svolgono con una rapidità straordinaria, e lasciano dovunque tracce di un momento che passa alla storia. Rifacendola per il tuo libro, il mio pensiero si commuove e si contrista come dinanzi una sventura. Gli è come rivivere l'ora tragica, in cui la stampa si lasciava strangolare senza neppure il grido della resistenza legale.
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