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      Intanto che avveniva questa operazione, Federici si era affacciato alla finestra, proprio nel momento in cui De Andreis riusciva, nella sua qualità di deputato, a passare il cordone militare. Si protese e gli disse:
      - Hanno sequestrato il giornale e stanno facendo una perquisizione. Vieni di sopra.
      Due minuti dopo era anche lui in redazione. Terminata la perquisizione, il Federici chiese, come di legge, che si facesse il verbale delle cose sequestrate. Uno dei due funzionarii rispose:
      - Lo faremo in questura, dove abbiamo l'incarico di accompagnarli. Loro signori sono invitati dal questore per delle comunicazioni.
      Cermenati: Allora vuol dire che siamo tutti in arresto.
      Gislon: Non abbiamo quest'ordine e non credo ci sia probabilità d'arresto.
      De Andreis: Come deputato protesto per la perquisizione e per la violazione di domicilio, senza mandato dell'autorità giudiziaria.
      Suggellati i pacchi dei manoscritti sequestrati, il Prina inviṭ Chiesi, Federici, Cermenati, l'avvocato Valentini e Seneci ad andare con loro a S. Fedele.
      Senici, in pantofole, domanḍ il permesso di mettersi le scarpe.
      - Faccia.
      De Andreis: Vengo anch'io.
      Prina: Scusi, onorevole, ma io non ho ordini che riguardino lei.
      De Andreis: Io voglio andare dove vanno i miei amici.
      Prina: Se crede, s'accomodi.
      Cermenati: Se non siamo in arresto, noi non vogliamo essere accompagnati dagli agenti di P. S.
      Il delegato Gislon li fece allontanare.
      In via Soncino Morati, dinanzi l'entrata del Corriere della Sera, incontrammo Colautti. Il Chiesi, incrociando i polsi, gli fece segno che eravamo in arresto.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





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