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      - Libero ci potrai essere più utile che non chiuso in carcere con noi.
      Fu testardo e rimase.
      Alle sei e mezzo circa entrò un vecchio impiegato a dirci queste parole:
      - Sono spiacente di comunicar loro che, essendo stato proclamato in questo momento lo stato d'assedio, loro signori sono tutti in arresto.
      Ci fu un'irruzione di guardie in borghese le quali, senza tanti complimenti, ci presero per la manica. Protestammo e dicemmo che non era il modo di trattare persone che non volevano fuggire, e i delegati ordinarono agli agenti di lasciarci andare. Discendemmo ed entrammo nell'ufficio del delegato Eula, il quale, per essere sinceri, ci trattò con la massima gentilezza. Ci sequestrò carte e matite che avevamo nelle tasche, ci lasciò denari, orologi e anelli e ci fece firmare il verbale, porgendo ad ognuno la penna.
      - Già che ci deve mandare in guardina, ci potrà mandare anche da mangiare.
      - Senza dubbio.
      E il delegato promise che ci avrebbe fatto portare qualcosa dall'Orologio.
      - Devono avere un po' di pazienza, perchè in questo momento ho molte cose da fare.
      Ci si chiuse nel camerotto riservato alle donne, il quale, secondo l'espressione dell'Eula, era "il meno peggio". Avevamo fame ma non aspettammo molto. Tre quarti d'ora dopo si spalancava l'uscio ed entravano roast-beef, un fiasco di vino, del formaggio, della frutta e delle sigarette.
      Mangiando si chiacchierava e si rideva.
      De Andreis era di opinione che avrebbero montata qualche macchina per tenerci in prigione.
      Federici fumava disperatamente una sigaretta dopo l'altra per cambiare l'odore dell'ambiente.


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Dal Cellulare al Finalborgo
di Paolo Valera
Tipografia degli Operai Milano
1899 pagine 316

   





Eula Orologio Eula Andreis