Nessun fatto è venuto a dimostrare un accordo fra i tre odierni accusati, non constando che nei giorni dei tumulti, ed in quelli che li precedettero, si sieno riuniti, se anche per mezzo d'interposte persone abbiano potuto concertarsi fra di loro per dirigere l'insorto movimento.
Mancando la prova del concerto, rimane ad esaminare quale fu la parte che ciascuno di essi ha individualmente preso nella preparazione degli avvenimenti e nei giorni della sommossa.
Dai rapporti esistenti in atti consta che il Turati è certo la personalità più spiccata ed influente del partito socialista milanese. Direttore e redattore della Critica Sociale, scrittore nella Lotta di Classe, fondò circoli socialisti ed attrasse nell'orbita del suo partito numerose società di operai, inspirando in essi l'odio di classe, e promuovendo leghe di resistenza verso i padroni. Fu già condannato per un articolo scritto dopo la condanna di De Felice.
Altra volta lo fu per la pubblicazione di un almanacco socialista e nelle dimostrazioni del 1896, parlando al pubblico tumultuante, elogiò gli studenti di Pavia, i quali per impedire la partenza di soldati per l'Africa avevano svelte le rotaie della ferrovia e fu con quelle parole causa dei disordini che poco dopo successero alla Stazione centrale.
Nei numerosi suoi scritti trapela sempre il disprezzo per le istituzioni e l'esercito. A lui si deve l'Inno dei lavoratori, divenuto il grido di guerra dei socialisti. È designato quale autore, insieme al Rondani, del manifesto ai lavoratori italiani, di cui si è sopra parlato.
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