A dimostrare quali sieno sempre state le sue idee, basterà ricordare che, avendo il giornale la Provincia di Parma riferito un suo discorso fatto in commemorazione della morte di Mazzini, osservava che gli aveva fatto dire essere necessaria una evoluzione, mentre egli intendeva una rivoluzione.
Nelle feste cinquantenarie dello Statuto parlando alle Società radicali riunite al monumento di Garibaldi, disse che il popolo per ottenere le sue rivendicazioni non ha altro mezzo che il voto e la carabina. Nei primi giorni dello scorso maggio adempiendo ad un incarico avuto dal Comitato centrale repubblicano italiano, del quale era uno dei cinque che lo costituiscono, fu, durante i tumulti, a Parma, Piacenza e Pavia per osservare quanto vi succedeva.
Era collaboratore ed ispiratore di articoli del giornale l'Italia del Popolo, organo del partito repubblicano, di quel giornale che nel suo numero del 7 maggio, a disordini già cominciati, scriveva che i tutori dell'ordine avevano sete di sangue. Nelle cartelle trovate negli uffici di quel giornale ve ne era una nella quale stava scritto che il De Andreis fin dal mattino si trovava a Porta Venezia per protestare contro le violenze dell'autorità.
Sempre nel giorno 7, fu visto in varie località ove vi erano rivoltosi. Mentre era in casa, due giovinotti lo andarono a cercare per condurlo all'Italia del Popolo, ove erano riuniti vari repubblicani, e nel recarvisi, lungo il corso Garibaldi, parlò in modo sospetto con varie persone estranee a quel quartiere, poco prima che vi si erigessero le barricate.
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