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      Cane!
      In quasi tutte le officine d'Inghilterra - e specialmente in quelle dell'Inghilterra centrale e settentrionale - si lavorava giorno e notte a preparare picche a tre scellini e mezzo ciascuna per la rivoluzione di domani
     
      VI.
     
      L'ambiente diventa infocato.
     
      Tra il 1838 e il 1839 l'ambiente continua ad ammucchiarsi di combustibile e il cielo a prorompere nei boati che dileguano per la nuvolaglia incandescente. "L'aristocrazia, nove decimi della borghesia, il clero, i pensionati, i sinecuristi e i succhiatori del sangue del popolo" manifestano dovunque il prurito di rompere la testa chartista col randello del poliziotto volontario (special constable). I 53 delegati della Convenzione nazionale ambulante, tra i quali signoreggiano tre magistrati, sei direttori di giornali, un ministro della chiesa anglicana, un ministro della chiesa dissenziente e non pochi manifatturieri e commercianti, incominciano a servirsi del dizionario della conflagrazione. I meetings illuminati dalle torce ingrossano sempre più e diventano simultanei. Birmingham ne ha uno di 200.000, Manchester di 300.000, Glasgow di 150.000, Newcastle di 70.000 e Durham di 50.000.
      Il popolo - disse John Russell al banchetto di Liverpool - ha diritto di riunirsi.
      Non è - aggiunse - la discussione libera e la manifestazione dell'opinione pubblica che i governi - notate che parlava come ministro dell'interno - devono temere. La paura è quando gli uomini sono obbligati, dalla forza delle cose, a riunirsi in segreto. Qui è la paura, "qui è il pericolo". - Più tardi, dopo il 1848, lo stesso lord si consola di avere, coll'aiuto di Wellington, ridotto il chartismo un partito insignificante.


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L'insurrezione chartista in Inghilterra
di Paolo Valera
Uffici della Critica Sociale Milano
1895 pagine 125

   





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