È questo il desiderio di ogni inglese onesto. Io spero che sia pure il desiderio di tutti coloro che sono in Corte. Ho lavorato venti anni col telaio a mano e dieci anni nella fabbrica. E non esito a dire che in tutto questo tempo lavorai dodici ore al giorno, ad eccezione di quando, per un periodo di dodici mesi, i padroni di Stockport non mi vollero dare lavoro. Quanto più ho lavorato, tanto più sono divenuto povero. Ora sono qui quasi spremuto. Se i padroni ci avessero inflitta la riduzione del 25 per cento, io l'avrei già finita colla mia esistenza. Meglio la morte volontaria che uccidersi in una fabbrica di cotone con dodici ore di lavoro al giorno per delle patate e del sale!
Signori giurati! La mia causa è nelle vostre mani. Lo scopo degli altri può essere stato diverso. Per me non fu che questione di salario. Se O' Connor fece, di questa agitazione, una questione chartista, devo dire che egli fece miracoli. Perchè il chartismo è diffuso dovunque: in Inghilterra, in Irlanda, in Scozia. Per me non fu che una questione di orario e di settimanale. Ho sempre lavorato per impedire le riduzioni di salario e continuerò ancora fino alla morte. Se sarò condannato alla prigione non mi pentirò di ciò che ho fatto. È una consolazione essere in carcere per avere fatto il proprio dovere, per essere stato uno che più di ogni altro ha impedito, coll'abbandono generale delle fabbriche, che migliaia e migliaia perdessero quel po' di pane che li tiene in piedi. Non dubito che col vostro verdetto mi permetterete di ritornare alla moglie, ai figli, al lavoro.
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