Non si parla che della rivoluzione francese. Č pei salariati di queste isole del lievito insurrezionale. Fra qualche giorno un esercito di simpatizzatori andrą in Trafalgar square a riassumere in un ordine del giorno il tripudio delle masse inglesi pel grande avvenimento francese. Nei quartieri popolari spesseggiano i cappelli flosci, alti, a cono, a larghe tese, colla penna di coda di pavone a sinistra.
Nei salotti si parla di Luigi Filippo come di un cacone, che non ha avuto neppure il disperato coraggio di mostrare alla folla il sedere che fuggiva. Egli č scappato come un ladro cogli agenti che bussano alla porta. Si ripete con qualche ammirazione la frase di Piscatory, che consigliava questo re infuriato dalla paura a non abdicare e a saltare in sella: Voilą, sire, le moment de monter ą cheval et de vous montrer. La regina, con tutta la sua sifilide religiosa, voleva fare del marito un eroe. Mon ami, il ne faut pas abdiquer; plutōt mourez en roi. La sgraziata non sapeva che questi puppazzi del trono sono dei pusilli, degli uomini che lasciano gił le brache non appena la collera collettiva batte ai vetri reali.
La democrazia si sente schiaffeggiata negli onori che la regina Vittoria fece a questo Filippo venuto a porsi in salvo a Londra. Come se fosse reduce da un campo di battaglia, sul quale avesse lasciato la corona solo quando la sua sciabola non era pił che un moncone!
Guizot racconta nei salotti la sua fuga senza arrossire. Intorno a Filippo non c'erano che dei vigliacchi!
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