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      Gli stivaloni, le calzature scollate, gli stivali a bottoniera, gli scarponi a suola piatta. C'è il panciotto a colori, il panciotto a vetrina, il panciotto arabescato, il panciotto chiuso fin sotto la gola e l'epa senza panciotto. C'è tutto uno studio craniologico. C'è il crapone - raccomando questo nome al Petrocchi, dimenticato nel suo ottimo dizionario della lingua dell'uso - il crapone d'avorio, la testa calva, il testone arruffato di capelli bianchi, neri, rossi, fulvi, castagni, tabacco. Ci sono i ricchi, la zazzera, i cernecchi, i cernecchioni impastati ai temporali e la gozzoviglia della forfora sul bavero. Le barbe presuntuose, i favoriti che provocano, le faldelle impiastricciate di pomata. I baffi, i baffoni, i baffini, la mosca, l'ombra pelosa sulle guance, il ciuffo appeso al mento e le labbra degli avvocati inglesi: nudi. Una variazione d'occhi. Occhi sbarrati, socchiusi, nascosti dal cristallo. Che ghignano, che tripudiano, che guazzano nell'insulto. Occhi di lince, di civetta, di volpe, di gatto, di vipera, di maiale, di lucertola, di tiracazzotti. Pieni di nequizia, formicolati di lenticchie sanguigne, cosparsi di bulbi giallognoli, inondati di perfidia. Uh che occhi!
      C'è il bassotto, l'allampanato, la botte, il malfatto, il tutto naso, il boccaccione, il guardalosco, il grifo, il ceffo, il gambatorta, il gobbo, e l'irrancidito dagli anni.
      Un malassieme di malvagi ubriachi di birbanteria borghese.
      Hanno al disopra del gomito una specie di braccialetto di stoffa a rigoni polizieschi - il bianco e il turchino - che fascia loro la manica e un randello appeso alle striscie di corame all'avambraccio.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





Petrocchi