Ve la mandava per una mela spiccata dall'albero proibito, per un paio di ciabatte tolte su senza pagarle o per un fazzoletto strappato giù dal cordame della lavandaia pieno di fazzoletti! Ma dopo la crociata degli umanitari e dei "missionari", e specialmente dopo la pubblicazione del "Grido lagrimevole del povero di Londra" di Giorgio Sims, anche la ferocia bestiale di questi unpaid rulers si è ammansita. Almeno apparentemente. Perché i così detti piccoli delinquenti o delinquenti giovani, entrando nei "riformatori" o nelle "scuole industriali" o salendo sui "bastimenti di correzione" o dei discoli che galleggiano nella Mersey e nel Tamigi non hanno cambiato, come scrisse il dottor McCook Weir, che locale. Perché essi sono rimasti pur sempre dei reclusi alla mercè del "gatto a nove code" (frustone a nove cordicelle intrecciate e solcate di gruppi) e dei regolamenti che imperano a Milbank o a Dartmoor o nel cellulare o nella galera.
I tumulti londinesi
I vetri delle botteghe e delle finestre fiammeggiano di gaz. La gente, ingarbugliata nel nebbione giallastro, si calca, urtandosi. I veicoli vanno via svogliati. I cavalli dall'ampia gorgiera, dai fianchi nutriti, drizzano le orecchie e gettano nel vuoto il nitrito dell'impazienza. I cocchieri, aizzati dal whisky, si scambiano un sostantivo pieno di dispetto e si picchiano lo stomaco per dar calore alle dita. Il policeman è sul salvagente disorientato come un palo di mestizia. La sua mano non agisce più. Tuttavia si lavora. Ne sento la respirazione grave, laboriosa.
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