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      Si muore di fame! Le figlie sgonnellano, le madri continuano la caccia all'uomo, i bimbi sculacciano sul selciato e la poveraglia, senza lavoro, va, stracca, in piazza di Trafalgar.
      Le alture e le punte illustrate dall'arte sono scomparse nel ventre della densità nebbiosa.
      È mezzogiorno e ho l'anima nelle scuole. Un fremito mi rimescola il sentimento della ribellione accumulata e attacco il popolo peggio di Walpole: - Vigliacco! Non discutere, tu hai diritto all'esistenza e al lavoro!
      Mi fermo addossato al basamento della colonna di Nelson e affondo nella cupaggine delle rivoluzioni. La mia testa si popola di nomi, di date, di chiazze di sangue, di cadaveri: di qua e di là si scarica il fucile. Io mi getto, idealmente, tra gli insorgenti e provo le ebbrezze della battaglia.
      Il carnefice mi calma. Leggo nei giornali che ne ha strangolati tre, stamane, nella prigione di Carlisle. Tre spazzacase che si difesero dal constabile che voleva agguantarli, uccidendolo.
      Il tepore squaglia quest'aria velenosa e scura che irrita gli organi respiratori e il boia mi sorride. A domani, tristaccio! Domani mi darai l'ultimo moncone di collo inlardellato!
      Dovunque agglomerazioni, dappertutto minutaglia sociale. In fondo, a sinistra, è una popolazione di facce e di cappelli. Gli uni e gli altri si confondono e mi popolano una lavagna di caricature da far ridere Gavarni.
      Nelson mi carica il sangue di dinamite. Lo vedo sul Foudroyant - in galleria colla sua bagascia - mentre il povero Caracciolo chiede all'ufficiale la grazia di morire come un soldato.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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