E poi lo rivedo al braccio dell'Hamilton - cogli occhi letificati dalla libidine - quando nega al prode l'allegria del piombo: - dategli della fune! A casa mia si strangola!
È finito. Il vecchio è nel vuoto, agitato dagli ultimi fremiti. La Lady è sul casseretto a spiarne l'agonia. Le campane funeralizzano l'aria e il futuro eroe di Trafalgar si ubriaca di vigliaccheria. O ammiraglio napoletano, la comune inglese frantumerà la colonna che sorregge il tuo carnefice.
I capanelli sono stati inghiottiti dalla moltitudine. È un'intera esposizione di miserabili. Delle scarpe moribonde, delle tese fiaccate dal vento o gualcite dalla pioggia, delle giacche padellate di rappezzature, dei panciotti consunti, dei calzoni traducenti l'infinito sbadiglio del digiuno.
Mi si esibiscono degli aranci e delle poesie. Mi disseto con le arance. Le poesie sono poesie operaie. Via! Le rifiuto per paura di leggere il Maffi inglese. Non amo queste caricature sfiancate che si fanno perdonare la pellagra intellettuale dalla blouse dell'officina. Non amo neppur te o fabbro di Sheffield che hai cantato nella grandezza byroniana le sofferenze de' tuoi compagni di lotta. Ma idolatro il tuo Jem. Oh il tuo Jem! Egli è imperturbabile. Non legge, non pensa, non prevede. Il tuo Jem, mi sberretto e ti saluto.
La marmaglia ingrossa sempre. Si fiuta nell'aria della rivoluzione. Di là si corre. Che c'è? Si girella a disagio. Gli spazi lontani nereggiano di teste. Si ode della musica. Spunta il cencio scarlatto che eccita i borghesi come quello dei toreadori i cornuti di combattimento.
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