Urraaaaa! Si beve. Lo si beve a golate o lo si aspira dal cavo delle mani. È buono. Accidenti se è buono! La plebe rinvigorisce, si anima. Il vino è la poesia del tumulto. Urraaa! Torno sui passi con un francesismo perché ho lasciato nella matita di questa insurrezione spontanea le scene che la illuminano.
Siamo ancora in piazza di Trafalgar mentre la "plebe va". Burns è portato entusiasticamente dalla balaustrata della terrazza - come è chiamata - sulle spalle dei buli della processione. Così va bene.
Il tributo della plebe non può essere in carrozza. Le ultime parole di Burns, dalla balaustrata, racchiudono una minaccia. "Se il governo non darà lavoro ai disoccupati, i disoccupati non domanderanno più lavoro ma daranno il sacco alle botteghe dei fornai" Bravo! Ci rifarai una scena manzoniana.
Burns è su un'altra balaustrata: quella del Carlton Club. Egli tenta di parlare. Inutile. Il tempo delle ciance è passato. Il primo ciottolo ha dato l'ordine dell'attacco e Burns ridiventa pedestre. Mi naufraga nella folla. Lo perdo di vista.
Risbuchiamo in Piccadilly. Nelle vene aristocratiche sembra sia ancora del coraggio. Vedo dei tiri a due che filano verso noi come se il cielo sociale fosse serenamente sereno. I cocchieri schiamazzano per farsi largo. Gli affamati diventano più arrabbiati. Vi si precipitano sopra o meglio vi passano sopra come una bufera o un ciclone. Le portiere cadono dopo i vetri. I fanali diventano fiaccole di rivoluzione. I "signori" discendono, sollecitamente, urtati.
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