Se la redazione gli manda dabbasso che il Madi è stato finalmente schiacciato o che Riel, il capo dei meticci del Canadà, è stato finalmente impiccato, il suo inchiostro deve sentire della soddisfazione. Ma di una soddisfazione velata. Quella che non lascia credere che si suona a festa quando vi sono dei cadaveri. - Se invece Osman Digna è riuscito, coi suoi entusiasmi, a spaccare l'orgoglio inglese, con una carneficina, egli deve diguazzare in un tazzone che scuota il cervello del lettore, aizzandolo, urtandolo, eccitandolo, morsicandolo fin giù in fondo ai precordi e obbligandolo a sgolare la rancida nota dell'onore nazionale.
In una parola egli deve essere l'anima del corrispondente che ha dovuto sopprimersi o soffocarsi nella poverezza del frasario telegrafico. Colui che snida dal guazzabuglio dello scrittore il concetto drammatico, tragico, piangevole, vittorioso. L'aquila che porta in alto, sul ciglione della storia, il momento contemporaneo in una dozzina di lettere cubitali. Il giustiziere che assume il cipiglio del magistrato in due gocce d'inchiostro. L'opinione pubblica che diffonde la collera cittadina rannicchiata in un colpo di penna. O il martello sociale che fa tremare i pilastri del capitale con uno strike (sciopero)!
Lo strillone partecipa di questo racconciatore. Colla giacca in faldelle, colle ginocchia al vento, col collo in un nodo di cimossa, sotto la berrettuccia che lo lascia credere un tignoso o un cappello smascolinato dai pugni che riproduce l'ubriaco, si accende e si entusiasma degli avvenimenti.
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