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      E appena laggiù, un signore, abbottonato nello stifelius, colla galuccia blu dell'astemio all'occhiello, mi si prosternò ai piedi e colle lagrime nelle parole e le mani nelle mie mi domandò: Do you believe in God? Credete in Dio?
      Restai sbalordito. Gli occhi cerulei, biondi, neri, olivastri, lattei delle misses, erano nei miei color tabacco. - Credete in Dio?
      Arrossii come un contadino. Che cosa dovevo rispondere se non credevo neppur più nella collezione delle stelle numerate dagli astronomi? Tentai sottrarmi alla bigotteria con delle smorfie paesane. Ma non ci fu verso. Il mio persecutore non piegava davanti agli infedeli. Mi scosse tragicamente le braccia e in un trabocco di disperazione mi ridomandò:
      - Do you believe in God, sir?
      Gli feci capire, balbettando, che non sapevo una parola d'inglese. - Potete leggerlo? Non risposi, C'è qualcuna di loro signorine che parli italiano?
      Miss Madge! si rispose da tutte le parti.
      Miss Madge era un forza. Alta, corpacciuta, fresca. Colle labbra di sangue, le pupille che balenavano nella dolcezza lattiginosa, colla mucchiata dei capelli di seta su, girandolati, dove è la superbia femminile. Sarò della tua religione o bionda Madge. Se il tuo dio è Quisango, il dio degli antropofagi africani, Quisango sarà il mio dio.
      - Credete in Dio?
      - Se credo! le dissi.
      E fu mia, tutta mia. Fino alla caduta delle foglie, fino agli ultimi tramonti della fede, fino ai tremiti ultimi degli ultimi baci.
      Saputomi "salvo", mi si fece largo tra le sottane, mi si sorrise più di una volta e mi si porse più di un libercoluccio d'inni.


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I miei dieci anni all'estero
di Paolo Valera
pagine 147

   





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