Procurava di non essere deficiente nel notiziario. Gli è sempre mancato un cronista alla Leone Fortis. Prosa pastosa e nutrita di fatti. Avrebbe voluto che il quotidiano non sfigurasse davanti ai grandi avvenimenti. Le superbe tirature erano sempre del Secolo e del Corriere della Sera. Malgrado questa specie di umiliazione il quotidiano di Benito Mussolini fu sempre di una tiratura che ballonzolava intorno alle centomila copie. La politica estera era un po' trascurata. L'Alessandri a Parigi aveva un incarico troppo vasto: l'Impero Britannico, gli Stati Uniti, la Francia, le questioni coloniali e via.
Ci volevano dei milioni. Benito Mussolini non li aveva. La penuria non lo disgustava. Sperava nei giorni dell'abbondanza. La guerra era incominciata. Noi eravamo chiusi in una neutralità che opprimeva. Si diceva che l'Italia non sarebbe intervenuta. Ma dovunque si lavorava ad allestire la guerra. Era proibito annunciare che la preparazione si faceva sentire dappertutto. Il gruppo socialista si radunava a Bologna. Il Mussolini aveva già dei tentennamenti. La neutralità era scossa.
Non so quando avesse scritto che se l'Austria, imprevedutamente un giorno, turbasse casa nostra, allora, per la libertà, avremmo saputo bene agire di conseguenza. In redazione non era autoritario, ma faceva capire a tutti che era lui che comandava. "Stimo opportuno avvertirvi che non intendo di assistere continuamente a incidenti e a scenate. Del giornale sono io il solo, unico responsabile, di fronte ai socialisti e al pubblico, e sono io che senza preferenze o antipatie distribuisco il lavoro ai redattori, a seconda delle esigenze del giornale". Scrivendo a Libero Tancredi che dava molta importanza ai fischi politici, diceva: "Tutti gli uomini politici, me compreso, sono stati, almeno una volta in vita loro, fischiati.
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