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      La condanna per il tentativo insurrezionale è stata grave. Blanqui era divenuto un ergastolano. Non è stato liberato che dalla rivoluzione del febbraio 1848. Non ha respirato all'aria libera che pochi minuti. Egli ha ripreso subito il lavoro del rivoluzionario socialista. "La repubblica sarebbe una menzogna se dovesse essere la sostituzione di una forma di governo a un'altra. Non basta cambiare le parole, bisogna cambiare le cose. La repubblica è l'emancipazione degli operai, è la fine del regime dello sfruttamento, è l'avvenimento di un ordine nuovo che libererà il lavoro dalla tirannia del capitale. Libertà, uguaglianza, fraternità, questo motto che brilla sui frontoni dei nostri edifici non deve essere una vana decorazione teatrale. Non più illusioni! Non vi è libertà quando si muore di fame. Non vi è uguaglianza quando l'opulenza fa scandalo a fianco della miseria. Non vi è fraternità quando l'operaio coi suoi figli affamati si trascina alle porte dei palazzi. Del lavoro e del pane! L'esistenza del popolo non può rimanere alla mercé dei terrori e dei rancori del capitale."
      I redattori della Rivista retrospettiva hanno tentato il suo assassinio morale chiamando il Blanqui del Club del Conservatorio un venduto. Egli è scoppiato. "E sono io, triste avanzo che trascina per le vie un corpo ammaccato sotto abiti rattoppati? Sono io che si fulmina col nome di venduto, mentre i valletti di Luigi Filippo, metamorfosati in farfalle repubblicane, volteggiano sui tappeti dell'Hôtel de Ville a diffamare dall'alto della loro virtù, nutrita da quattro portate, il povero Giobbe sfuggito dalle prigioni dei loro padroni?


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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