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      Si è ingannato. La storia lo ha irrefutabilmente smentito. Per la stessa ragione si era negata la possibilità delle rivoluzioni. E in quest'ultimo quinquennio ne sono scoppiate tre: in Turchia, in Portogallo, in Cina. Un giorno o l'altro saremo svegliati da una nuova rivoluzione in Spagna. Si era detto: guerre e rivoluzioni sono impossibili perché fra le nazioni e fra le classi c'è solidarietà d'interessi. Il tessuto sociale è estremamente complicato. Ogni lacerazione è un disastro sia per chi la provoca sia per chi la subisce. Ciò malgrado assistiamo alle guerre che sono immani lacerazioni, come domani assisteremo o parteciperemo a una di quelle "mutazioni rapide" per cui le società umane fanno d'improvviso un formidabile balzo innanzi. Perché la rivoluzione, una rivoluzione trionfi, è necessario che essa sia simultanea e decentrata. Occorre che vi partecipino non solo i grandi centri, ma tutti gli ottomila comuni d'Italia.
      Lo smontaggio dell'enorme macchina governamentale deve essere rapido tanto ai centri come alla periferia. Una rivoluzione slegata, una rivoluzione fatta dalle città, senza la partecipazione delle campagne, finirebbe in una catastrofe... Quindi quella che noi vagheggiamo è proprio una rivoluzione di classe, cioè, di tutta la massa proletaria, in tutti i luoghi: dalle città alle borgate, da queste ai villaggi. La rivoluzione francese non è solo l'opera di Parigi. Così la rivoluzione sociale non può essere l'opera di una sola parte del proletariato... Ciò posto, la distinzione tra forza e violenza è bizantina.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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