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      Non uno ha dato lo sprone per l'uscita da un luogo dove non c'era per loro che il vituperio. Il silenzio dei socialisti è stato obbrobrioso. Lo si doveva biasimare. È rimasto immune di censura. È stato rimunerato con una rielezione. Tutto il partito si è accontentato di due scialbe grida di Viva il Parlamento! di Modigliani. Non si poteva essere più pitocchi.
      Quando si compie felicemente una rivoluzione, ha scritto Carlo Marx, è lecito impiccare i propri avversari, ma non condannarli. Si possono schiacciare come vinti, ma non giudicarli come delinquenti. Più volte, in Inghilterra, Carlo I fu vincitore, ma infine salì il patibolo. Gli hanno mozzato il capo.
      Più che una rivoluzione, fu un turbamento dinastico. Il re deve essere stato molto in forse a chiamare al potere Benito Mussolini seguito, si diceva, da trecentomila camicie nere. Si è servito contro i deputati socialisti di parole troppo grosse. Pareva li avesse voluti fare accoppare. Sembravamo in pieno Terrore. Mussolini si è subito creduto in piena dittatura. La gente ne seguiva il movimento. Non metteva in dubbio che si trattasse di una rivoluzione. Supponeva la caduta del sovrano. Era ora. Mussolini era l'uomo. Lo si era già messo coi grandi tribuni. Lo si paragonava a Robespierre. Lo si aspettava nella apoteosi teatrale. Tutti i poteri erano nelle sue mani. Le sue camicie nere erano i giacobini del Terrore. Terminava la seduta, ed egli era assoluto temuto padrone di un popolo che aveva paura della dittatura.
     
      La inaudita violenza parlamentare del presidente Mussolini


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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