Fu questa la ragione per cui taceva dello scrocco di ottantotto milioni rubati dal governatore. Pare che in questo grosso furto siano compresi i prestiti fatti al sovrano d'allora. Questa sarebbe la ragione per cui il ladrone è poi stato elevato al posto di senatore.
Confido che Benito Mussolini non abbia avuto tempo di penetrare nella documentazione. C'erano momenti in cui Crispi indossava la livrea del sovrano e assumeva un tono di indipendenza antimonarchica. "Noi siamo con lui", diceva, "finché egli sarà con noi." Viceversa fu sempre un buon servitore di monarchia. Respingeva le onorificenze cavalleresche per poi sfoggiarle al petto. Prepotente. I suoi pugni sono nei resoconti parlamentari. Ha saputo coltivare intorno a sé molti cortigiani, stati poi trovati fra coloro che scontavano cambiali alle banche statali senza curarsi delle scadenze. Fu considerato una figura gigantesca per le sue imperiosità, le sue burbanze. Era piuttosto un terrorista parlamentare. C'è voluto Menelik a farlo impallidire, a buttarlo giù dal trono con tutta la sua alterigia. Salto via l'accusa dell'affare Herz. Cinquantamila lire per una decorazione avrebbero potuto giovargli. La documentazione cavallottiana esiste. Crispi aveva allora 72 anni. Concediamogli l'indulgenza. Egli ha da scontare l'uragano della disfatta del 10 marzo 1896. Annunciato con tutte le delicatezze verbali il disastro d'Adua, corse, per tutta la Penisola, un'urlata d'improperi e di abbasso Crispi! Non fu una sconfitta, fu una disfatta.
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