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      Nel telegramma di Baratieri si diceva, come nei telegrammi di Cadorna, nell'ultima grande guerra, che l'esercito non aveva voluto combattere. L'Italia non aveva piegato affatto sotto l'onta. Gli abissini avevano vinto. Il Paese fu superiore al primo ministro. Invitato a dare sessanta milioni per raccattare la bandiera italiana insanguinata dai nemici abissini il pubblico si gettò sulle liste di sottoscrizione firmandovi venti volte i milioni cercati.
      Non sono di quelli che gridano raça al generale dell'insuccesso. Di tanto in tanto Wellington non mi dispiace. In una battaglia coloniale le sorti sono due. In Abissinia la presa di Magdala poteva dare la vittoria a Teodoro. La sfortuna gli ha dato la disfatta. Ha vinto sir Robert Napier. Crispi è stato terribilmente punito dal re degli abissini. All'epilogo del disastro la borghesia si è vuotata la borsa, ma nessuno si è domandato se Umberto I aveva il diritto di tentare di conquistarsi la corona di imperatore senza domandare il consenso nazionale. Le guerre non dovrebbero essere più permesse senza il referendum di tutte le classi e di tutte le masse di chi paga e di chi combatte. Chamberlain ha distrutto la repubblica di Kruger ma per farlo ha dovuto conquistarsene il diritto dalla piattaforma elettorale inglese: se no, no. Se no si rimane con gli "strilloni del re", che esumano: Luigi XVI, consegnato al boia del 1793. Si esuma la putredine.
      Il maltrattamento direi quasi nazionale stato fatto al Crispi non fu una iniquità sociale.


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Mussolini
di Paolo Valera
pagine 213

   





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